L’Italia si trova all’avanguardia in Europa grazie all’approvazione della legge sulla medicina di genere nota come DDL Lorenzin, avvenuta a dicembre 2017.
Tale legge ha permesso di definire i principi di base per l'applicazione della medicina di genere nel Servizio Sanitario Nazionale e ha sancito l'importanza di considerare le differenze di genere in ambito medico.
Il DDL Lorenzin è stato implementato dal Ministero della Salute Il 13 giugno 2019 attraverso il decreto applicativo con cui viene adottato il Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere. In Italia è quindi “garantito” per legge che si tenga conto del genere in medicina sia nella sperimentazione clinica sia nel percorso diagnostico e clinico.
Secondo l’OMS la Medicina di Genere è:
“lo studio dell'influenza delle differenze biologiche, indicate col termine sesso, e socioculturali ed economiche, definite come genere, sulla frequenza, i disturbi e la gravità delle malattie che colpiscono uomini e donne e, in generale, sullo stato di salute e di malattia di ogni persona.”.
Questa definizione mette in luce come le differenze non siano solo dovute alla componente biologica, ormonale, legate al funzionamento di organi, apparati e cellule, ma anche all’elemento sociale, culturale ed economico: ovvero al vissuto della donna all’interno della società, allo stile di vita, al fatto che subisca più facilmente violenza, stupri, abusi e molestie, alle possibilità di prendersi cura di sé, di ricorrere ai servizi di screening, alla percezione del dolore e della propria malattia o stato di salute.
La medicina di genere non è una branca della medicina che si occupa delle malattie che differiscono in base al sesso biologico e sono legate al sistema riproduttivo, come per esempio il tumore all’ovaio per le donne, il cancro alla prostata per gli uomini. Si tratta invece di un approccio trasversale che tiene conto di sesso e genere per tutte le malattie comuni sia a uomini sia a donne.
Si è visto infatti che ci sono delle differenze legate alla biologia e al vissuto tra uomo e donna che determinano – per alcune malattie – differenze significative in:
La medicina di genere deve occuparsi di studiare queste differenze e tradurle in una differente gestione della paziente o del paziente in relazione al suo sesso biologico e/o al genere, qualsiasi sia la patologia della quale stiamo parlando. Inoltre, è importante che nella ricerca preclinica e clinica vengano utilizzate per la sperimentazione sia maschi sia femmine (cellule, animali, pazienti).
Per comprendere maggiormente l’importanza della medicina di genere è utile considerare quali possano essere le differenze e quali le criticità che a oggi si riscontrano in clinica e ricerca.
La lista delle differenze e degli ambiti di intervento non si ferma qui: ogni settore disciplinare va indagato ponendo attenzione alle differenze dovute al sesso biologico e al genere.
Il Ministero della Salute, insieme al Centro di riferimento per la Medicina di Genere dell'Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con esperti regionali in Medicina di Genere e con i referenti per la Medicina di Genere della rete degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), insieme ad AIFA e AGENAS hanno messo a punto il Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere.
All’interno del documento è possibile trovare un inquadramento concettuale e storico della medicina di genere e una fotografia della situazione sia nazionale sia internazionale, ma soprattutto vengono identificati gli obiettivi, le azioni concrete per attuarli e gli attori coinvolti.
In particolare, il Piano identifica quattro aree di intervento, come previste dal DDL Lorenzin:
Azioni e interventi sono monitorati dall’Osservatorio dedicato e istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità, in modo da poter avere un quadro sempre aggiornato dello stato dell’arte della medicina di genere in Italia.
La medicina di genere è una conquista e una consapevolezza importante per migliorare diagnosi, accesso alle cure, conoscenze su principi attivi e loro funzionamento, per l’ottimizzazione dei trattamenti e della prognosi e per ridurre effetti collaterali ed esiti fatali. Le donne, che vivono mediamente più degli uomini, hanno un’aspettativa di vita “sana” equivalente rispetto agli uomini. Questo ci dice che, pur vivendo di più, non vivono sempre bene e in salute.
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