Il paziente esperto: qual è il suo ruolo nella ricerca scientifica e nella cura

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Il paziente ha assunto nel tempo un ruolo sempre più centrale nel percorso di cura, negli aspetti politici e sanitari della malattia, nel direzionare le attività della ricerca scientifica. Il paziente, da figura passiva, che doveva semplicemente fidarsi del proprio medico curante e delle decisioni prese ai piani alti, ha assunto un ruolo di primo piano, nella comunicazione dei propri bisogni e delle esigenze legate alla malattia.

Le associazioni di pazienti sono storicamente la prima forma organizzata che ha permesso il coinvolgimento dei pazienti come portatori di interessi.

Sono nate con diversi obiettivi e scopi, che si sono evoluti nel tempo:

  • Per creare gruppi di auto aiuto, di condivisione e supporto reciproco.
  • Per migliorare l’accesso alle cure.
  • Per ottenere e far rispettare diritti sanitari legati alla malattia (esenzioni, appalti per dispositivi medici, possibilità di avere servizi domiciliari).
  • Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla malattia e sulla necessità di prevenzione.
  • Per avanzare richieste alla ricerca scientifica.

L’attivismo dei pazienti, quindi, ha una lunga storia: l’avvento del digitale negli anni ’90-2000 ha portato a una maggiore interazione tra i pazienti, con la possibilità di condividere più velocemente e a distanza esperienze di malattia e istanze, e ha permesso l'accesso a una quantità crescente di risorse mediche online.

In questa ottica, è emersa una figura nuova e inedita all’interno del paradigma del paziente al centro: il cosiddetto “paziente esperto”.

Chi può svolgere l’attività di paziente esperto?

Il paziente esperto è una figura che sperimenta le condizioni di malattia, personalmente o in quanto caregiver, riconoscendo i bisogni e le criticità di alcune fasi del patient journey che vanno dalla diagnosi al follow up e al mantenimento di un trattamento che spesso perdura per tutta la vita.

Conosce quindi ciò che può minare la qualità di vita del paziente:

  • Effetti collaterali e/o punti di forza dei trattamenti previsti.
  • Difficoltà dell’aderenza terapeutica.
  • Difficoltà dei caregiver nella gestione del paziente cronico.
  • Eventuali problemi o punti di forza dei dispositivi medici in uso.
  • Situazioni che favoriscono benessere e situazioni che mettono il paziente in difficoltà.

Per queste sue competenze, acquisite grazie all’esperienza di malattia, può essere utile all’intera comunità scientifica: medici, ricercatori e aziende farmaceutiche.

Ma non basta. Come “esperto”, questo paziente conosce la malattia e i trattamenti anche da un punto di vista tecnico e scientifico, conosce il linguaggio medico e i processi della ricerca farmaceutica.

La formazione del paziente esperto è affidata dal 2012 al programma europeo Eupati. L’obiettivo di questo programma di formazione – a oggi disponibile anche in italiano – è quello di formare i pazienti per poterli coinvolgere attivamente in un dialogo continuo e paritario con le istituzioni, la classe medica e le aziende farmaceutiche. Il percorso europeo non è alla portata di tutti i pazienti sia per la somministrazione in inglese sia per le ore di studio, la velocità e la difficoltà degli esami.

A oggi è possibile avvalersi del programma italiano, che offre corsi accessibili per comprendere e conoscere i trial clinici e preclinici, il percorso per arrivare all’identificazione di una molecola con attività farmacologiche, il ruolo degli enti regolatori e le norme AIFA.

Quindi, può svolgere il ruolo di paziente esperto, sedendosi ai tavoli decisionali, solo chi ha maturato una doppia competenza: quella della malattia e quella tecnico-scientifica, attraverso corsi appropriati e riconosciuti.

Le competenze del paziente esperto

Come abbiamo visto, le competenze del paziente esperto sono legate sia alla sua esperienza di malattia sia alle conoscenze maturate attraverso lo studio. Possono variare in base alla malattia, se si tratta di paziente o caregiver, al suo vissuto e al tipo di formazione sostenuta. In generale, tuttavia, possiamo considerare queste competenze:

  1. Conoscenza di malattia. Il paziente esperto conosce sintomi, iter diagnostico, trattamenti, effetti collaterali e complicanze, comorbidità etc. La conoscenza è dovuta all’esperienza e all’eventuale informazione attiva.
  2. Conoscenza dello stato dell’arte della ricerca medico-scientifica. Il paziente esperto e attivo deve conoscere sia la storia sia il punto di arrivo della ricerca medico-scientifica legata alla sua patologia; quindi, deve sapere quali siano non solo le terapie e i trattamenti tradizionali ma anche quelli innovativi, le sperimentazioni in atto e le conseguenze di tali sperimentazioni.
  3. Competenze comunicative. Il paziente esperto sa comunicare con tutti gli attori coinvolti: personale medico e sanitario, rappresentanti delle istituzioni, rappresentanti delle aziende farmaceutiche, ricercatori e scienziati.
  4. Espressione dei propri (e altrui) bisogni. Si fa portavoce degli interessi e dei bisogni propri e di un’intera classe di pazienti. Su questo punto sono emerse alcune criticità, descritte nel prossimo capitolo. Sa in generale comunicare bisogni, esigenze, necessità in modo chiaro, aperto e trasparente. Dovrebbe possedere anche capacità di negoziazione in ambito di politica sanitaria.
  5. Comprensione degli studi scientifici e valutazione delle fonti. Un paziente esperto sa leggere studi scientifici, partecipare attivamente alla loro messa a punto in termini di definizione degli endpoint primari, per esempio. Il paziente esperto è capace di informarsi solo utilizzando fonti autorevoli e validate, evitando di incorrere e veicolare false credenze, pseudoscienza e terapie alternative.
  6. Empatia. Il paziente esperto, sperimentando la malattia in prima persona o in quanto caregiver, ha uno sguardo capace di comprendere le sfide e lo stato emotivo di un altro paziente. Può essere un sostegno nel percorso di altri pazienti.

La figura del paziente esperto tra utilità e criticità

Come anticipato, la figura del paziente esperto può assumere alcune caratteristiche controverse.

Innanzitutto, si tratta di un ruolo individuale, spesso svincolato dalle associazioni di pazienti, che vedono questa figura come portatrice di interessi personali e non dell’intera comunità di pazienti. Per potersi fare portavoce dei bisogni di tutti i pazienti è importante conoscere tutte le istanze, attraverso per esempio focus group, interviste, raccolta di richieste. Le competenze tecniche e scientifiche, inoltre, potrebbero in qualche modo snaturare l’esperienza di malattia, rendendo il paziente esperto un tecnico, vincolato e legato agli enti di formazione.

Il paziente esperto, tuttavia, ha la possibilità di parlare lo stesso linguaggio degli altri attori seduti ai tavoli istituzionali, con competenze trasversali utili per poter avanzare richieste e indirizzare le decisioni.

Come e in quali attività coinvolgere il paziente esperto

Il paziente esperto può essere coinvolto nella messa a punto di trial clinici e di studi scientifici, senza intaccare in questo modo il potere e il peso delle associazioni di pazienti. Si tratta di distinguere nettamente ruoli, competenze e settori di intervento.

Un paziente esperto può aiutare nella definizione degli endpoint primari, di un follow up che abbia un senso per il paziente; può agire modificando i metodi di uno studio, quando questi metodi non sono utili secondo un punto di vista che può avere solo il paziente. Il paziente esperto può collaborare nella definizione di un patient journey ottimizzato in base ad alcune caratteristiche della malattia e del vissuto che può conoscere solo chi vive con la malattia.

Come portavoce, può in ogni caso far parte delle associazioni di pazienti e raccogliere il vissuto e i bisogni di tutti gli associati – che non è detto siano in ogni caso tutti i pazienti con quella malattia -, può collaborare con le istituzioni e con le aziende farmaceutiche – per esempio comunicando vantaggi e svantaggi di dispositivi medici e terapie, ma anche esprimendo il bisogno di campagne di comunicazione o educazionali oppure chiedendo corsi specifici per caregiver o pazienti sulla gestione stessa della malattia o sull’utilizzo di un dispositivo particolare.

Il paziente esperto è una figura dal potenziale enorme, che può avere un impatto notevole sulla qualità di vita dei pazienti con malattie croniche e invalidanti, che può velocizzare i processi della ricerca scientifica, rendere i miglioramenti più significativi e cercare una risposta agli unmet needs spesso trascurati dalla classe medica e dalle istituzioni.

Le aziende farmaceutiche possono indirizzare il loro lavoro in modo ottimizzato e migliore, ascoltando i pazienti esperti e le loro istanze.

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Pubblicato

February 28, 2024